RIBOT MARC / CERAMIC DOG :  CONNECTION  (YELLOWBIRD)

Pochi musicisti possono vantare una carriera straordinaria come quella di Marc Ribot: chitarrista e compositore di grande creatività, Ribot è da sempre un amante dell'innovazione e allo stesso un fedele custode di molteplici tradizioni. I Ceramic Dog, trio rock post-fusion composto da Ribot insieme al bassista Moog Shahzad Ismaily ed al batterista Ches Smith, è la formazione più longeva del chitarrista. Connection, il quinto e attesissimo album della band, è secondo Ribot il miglior disco che abbiamo mai fatto. Si tratta di un lavoro in cui la collaborazione tra i tre musicisti tocca livelli artistici mai raggiunti prima, possibili anche grazie all'intervento di alcuni dei più grandi improvvisatori di New York tra cui il sassofonista James Brandon Lewis, il clarinettista Oscar Noriega, il tastierista (e partner di lunga data di Ribot) Anthony Coleman e l'organista Greg Lewis. Nei lirici pezzi firmati dalla formazione, il glam boogie dei New York Dolls e degli Stones della metà degli anni '70 convive con i sermoni apocalittici di Nick Cave e il garage-punk. E' proprio questa molteplicità a collocare Connection all'interno dell'attuale Zeitgeist post-genere, rendendolo anche l'ultimo esempio della fedeltà di Ribot all'estetica mista del Downtown newyorkese da cui Ribot emerse quando era solo un giovane ragazzo del Jersey. In Connection c'è di tutto e di più. Ecstasy, un boogaloo con la sinuosa Farfisa in stile garage di Coleman, la sfrenata Heart Attack, Soldiers in the Army of Love, un manifesto fatto di ritmi dispari che si assume la responsabilità di modificare la Dichiarazione di Indipendenza per le generazioni future e No Name, brano che i fan della politonalità minimalista adoreranno. Soldiers rende omaggio ad Hannah Arendt e ai partigiani anti-Mussolini con un ritornello perfetto per i rock club. E poi c'è Subsidiary, un'invettiva ad ampio respiro che ha la forma di una contemplazione graffiante e apocalittica, la cover garage-punk di That's Entertainment, brano di Arthur Schwartz e Howard Dietz del 1953 sui cicli di divertimento americani, i cui testi, nell'arrangiamento di Ceramic Dog, accendono i riflettori sulle delusioni malate e noiose di Hollywood. In Swan James Brandon Lewis, definito da Ribot uno dei più grandi sassofonisti del nostro tempo, scatena il suo sax tenore, mentre nel lungo blues Order of Protection il suono di Ribot, Ismaily e Smith è arricchito dalle note dell'Hammond B3 di Greg Lewis. Chiude il disco Crumbia, brano in cui la Farfisa di Coleman, il clarinetto di Oscar Noriega e uno stuolo di percussioni, invitano a far festa in una grande performance psichedelica dal ritmo afro-colombiano. Una cosa è certa: con Connection Ribot alza la posta in gioco. Disponibile anche su cd.
RIBOT MARC / CERAMIC DOG
CONNECTION
YELLOWBIRD - Vinile: YEB 78401
Pochi musicisti possono vantare una carriera straordinaria come quella di Marc Ribot: chitarrista e compositore di grande creatività, Ribot è da sempre un amante dell'innovazione e allo stesso un fedele custode di molteplici tradizioni. I Ceramic Dog, trio rock post-fusion composto da Ribot insieme al bassista Moog Shahzad Ismaily ed al batterista Ches Smith, è la formazione più longeva del chitarrista. "Connection", il quinto e attesissimo album della band, è secondo Ribot "il miglior disco che abbiamo mai fatto". Si tratta di un lavoro in cui la collaborazione tra i tre musicisti tocca livelli artistici mai raggiunti prima, possibili anche grazie all'intervento di alcuni dei più grandi improvvisatori di New York tra cui il sassofonista James Brandon Lewis, il clarinettista Oscar Noriega, il tastierista (e partner di lunga data di Ribot) Anthony Coleman e l'organista Greg Lewis. Nei lirici pezzi firmati dalla formazione, il glam boogie dei New York Dolls e degli Stones della metà degli anni '70 convive con i sermoni apocalittici di Nick Cave e il garage-punk. E' proprio questa molteplicità a collocare "Connection" all'interno dell'attuale Zeitgeist post-genere, rendendolo anche l'ultimo esempio della fedeltà di Ribot all'estetica mista del Downtown newyorkese da cui Ribot emerse quando era solo un giovane ragazzo del Jersey. In "Connection" c'è di tutto e di più. "Ecstasy", un boogaloo con la sinuosa Farfisa in stile garage di Coleman, la sfrenata "Heart Attack", "Soldiers in the Army of Love", un manifesto fatto di ritmi dispari che si assume la responsabilità di modificare la Dichiarazione di Indipendenza per le generazioni future e "No Name", brano che i fan della politonalità minimalista adoreranno. "Soldiers" rende omaggio ad Hannah Arendt e ai partigiani anti-Mussolini con un ritornello perfetto per i rock club. E poi c'è "Subsidiary", un'invettiva ad ampio respiro che ha la forma di una contemplazione graffiante e apocalittica, la cover garage-punk di "That's Entertainment", brano di Arthur Schwartz e Howard Dietz del 1953 sui cicli di divertimento americani, i cui testi, nell'arrangiamento di Ceramic Dog, accendono i riflettori sulle delusioni malate e noiose di Hollywood. In "Swan" James Brandon Lewis, definito da Ribot "uno dei più grandi sassofonisti del nostro tempo", scatena il suo sax tenore, mentre nel lungo blues "Order of Protection" il suono di Ribot, Ismaily e Smith è arricchito dalle note dell'Hammond B3 di Greg Lewis. Chiude il disco "Crumbia", brano in cui la Farfisa di Coleman, il clarinetto di Oscar Noriega e uno stuolo di percussioni, invitano a far festa in una grande performance psichedelica dal ritmo afro-colombiano. Una cosa è certa: con "Connection" Ribot alza la posta in gioco. Disponibile anche su cd.
anche disponibiliemissione del 10 Luglio 2023